Udito e musica

C'è un'interessante teoria che cerca di spiegare le funzioni dell'orecchio umano da un punto di vista evolutivo. Nel corso dei millenni l'orecchio dei mammiferi è arrivato ad avere diverse funzioni tra le quali: orientamento, equilibrio, comunicazione e percezione del pericolo. Inoltre, anche durante le fasi di riposo l'orecchio resta attivo a differenza di altri sensi: ad esempio chiudiamo gli occhi, ma l'udito resta sveglio. 

Ciò accade ovviamente non per farci ascoltare musica durante il sonno, ma secondo l'impostazione suddetta, perché l'udito così come è arrivato a noi, si è sviluppato e configurato per farci sopravvivere in un ambiente ostile. I nostri lontanissimi antenati vivevano in spazi aperti, nei pressi di animali feroci e con il costante pericolo di essere attaccati. L'orecchio ha così imparato ad identificare come situazioni di allerta tutto quello che poteva essere classificato come rumore improvviso o calma improvvisa, e questo anche durante la notte

Imparando anche a riconoscere le situazioni di calma improvvisa, oltre alle funzioni di comunicazione, orientamento e allarme, l'udito ha quindi anche le funzioni opposte: produrre distensione e segnalare il cessato allarme. Non a caso, rumori abituali, voci familiari, suoni della natura (lo scroscio dell'acqua, il canto degli uccelli) ecc. inviano tramite l'udito un messaggio di tranquillità e sospendono questo stato di allerta che sarebbe altrimenti continuo. Ma se improvvisamente sopraggiunge qualcosa di nuovo, ecco che viene riattivato l'allarme nel nostro cervello.

Queste funzioni di allerta e distensione persistono tuttora persino nell'ascolto musicale. Alcune melodie, sequenze di note o accordi ci rendono immediatamente attenti, destano subito il nostro vivo interesse. Inoltre, ad esempio, quando accade in musica qualcosa di inatteso o quando c'è un momento di particolare tensione sonora, ecco che si registrano battiti del cuore accelerati e persino pelle d'oca.
Altre situazioni, suoni, sequenze o melodie possono invece avere l'effetto opposto: ci fanno rilassare talvolta al punto tale da addormentarci. Vi è tuttavia qualcosa di ancor più sorprendente.

Come per i nostri antenati la percezione di un rumore sospetto creava uno stato di allerta generale che determinava un temporaneo accrescimento delle capacità visive e uditive, così al giorno d'oggi se ci troviamo ad esempio in un ambiente rumoroso e cerchiamo di seguire una conversazione, il nostro orecchio si affina e si orienta sulle frequenze sonore di ciò che vorremmo seguire. Tornando alla musica questa capacità ci permette di discernere un numero infinito di dettagli sonori, di isolarli e di riconoscerli. Ad esempio quando seguiamo uno strumento solo nell'insieme di un brano per orchestra.

In conclusione l'uomo primitivo ha imparato in un ambiente selvaggio a catturare informazioni e ad interpretarle, non è quindi la musica che forma il nostro udito, ma al contrario sono le nostre competenze acustiche e musicali che si basano sulle capacità di un udito che si è formato e affinato milioni di anni fa. 


Fonte: Neue Zeitschrift für Musik 05/2012 (Schaal, Hans-Jürgen - "Das rettende Organ")

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