L'arte di improvvisare

Come reagireste se prima di iniziare un concerto il pianista iniziasse ad improvvisare qualcosa? E se collegasse i vari brani con brevi transizioni improvvisate? Sconcerto, divertimento, oltraggio?
Probabilmente penserete che una sala da concerto non è un piano bar o la hall di un hotel. Eppure fino ad un passato abbastanza recente, introduzioni improvvisate erano una routine nei concerti di musica classica. Una gentilezza, un modo per salutare il pubblico oppure semplicemente un modo per introdurre un brano. 

L'improvvisare e il creare collegamenti tra i brani era prassi fino ai primi decenni del 20° secolo, si trattava anzi di una parte essenziale della performance. Hans von Bülow fu uno dei primi pianisti a farne largo uso. Per lui l'improvvisazione iniziale non era solo il modo per zittire il pubblico ancora rumoroso, per riscaldarsi o persino per testare il pianoforte. L'improvvisazione era per lui anche la possibilità di dare un suo personale commento musicale al brano che stava per eseguire come pure per enfatizzare i collegamenti tra esso e gli altri brani dello stesso compositore. 

Dire che nel 18°, 19° e nei primi decenni del 20° secolo l'improvvisazione era prassi, non significa dire che era sempre ben vista. Ad esempio nel 1885 Liszt criticò l'improvvisazione di uno studente, il quale prima di eseguire la Sonata Op.101 di Beethoven eseguì alcune volate in LA maggiore. "Beethoven non afferma chiaramente la tonalità di questo pezzo prima della terza pagina - disse Liszt - qui non puoi eseguire un preludio in LA maggiore".

Dall'inizio delle registrazioni audio questa abitudine a improvvisare è praticamente scomparsa. Ci sono diversi motivi. Innanzitutto, l'improvvisazione è effimera ed estemporanea, legata all'umore ed i sentimenti del momento, non adatta quindi ad essere immortalata in una registrazione di un brano basato su uno spartito. In secondo luogo, lo spazio disponibile sul disco, di per se già molto ridotto, sarebbe diventato assolutamente insufficiente. Così con l'arrivo delle registrazioni il pubblico si è abituato al fatto che quello che si ascolta dal vivo equivale a quello che si ascolterà registrato, e viceversa. L'improvvisazione non fa parte dell'opera da eseguire. Punto.

Eppure se ci si chiede spesso come Beethoven stesso avrebbe potuto eseguire una sua composizione, non sarebbe ora di chiedersi anche cosa avremmo potuto aspettarci dalle mani del Maestro prima o dopo di essa?




Fonte: International Piano (Novembre/Dicembre 2013)
Titolo originale: The art of preluding by Kenneth Hamilton
Riduzione e libera traduzione mie.

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